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Festa dei Popoli 2010

Discorso di Sua Eccellenza Carlo Mazza, Vescovo di Fidenza
Sabato, 26 giugno 2010     Parco della Pace

 Festa dei Popoli

Un saluto
Sono molto grato ai promotori e ai realizzatori di questa seconda edizione della Festa dei Popoli. Se, dopo il primo tentativo si è stati pronti per il secondo, significa che le motivazioni generative erano ben radicate e la risposta non deludente. Tra l’altro mi allieta e mi convince il particolare che questa Festa sia vissuta nel “Parco della Pace”, sede quanto mai appropriata ed eloquente, messa a disposizione dal parroco don Felice.
 Vorrei brevemente sottolineare alcuni aspetti dell’evento.
1. Anzitutto celebriamo una “Festa”. Mi pare che sia la parola più convincente e significativa per avvalorare un’idea di convivenza pacifica e rispettosa tra etnie diverse, ma anche per consolidare un “clima” virtuoso confacente ad un incontro tra uomini e donne cui sta a cuore uno stile di vivere fondato sulla reciproca accoglienza, sulla bontà e mitezza dei sentimenti condivisi, sulla fondamentale appartenenza al genere umano.
E’ proprio della festa infatti evidenziare un radicale desiderio di carattere amicale, quello di trovarsi, di riconoscersi, di stimarsi a vicenda. È bello essere qui riuniti con i diversi rappresentanti di “Popoli”, dal fidentino a tutti gli altri, per dire che convivere è possibile, condividere è indispensabile, consociarsi è naturale.
 2. In secondo luogo ci sta la parola “Popoli”. Appare subito che non è una festa qualsiasi, ma essenzialmente si conforma come caratterizzata dai “Popoli”, cioè da entità etniche ben qualificate, definite e riconosciute dai diritti inviolabili dei popoli, siano essi istituiti in patti statuali o no.
Un popolo non si inventa casualmente, ma possiede almeno un territorio, una storia, una cultura, una religione. Si compone di singoli e di famiglie; vive una condizione di visibilità e di cittadinanza. E val bene aggiungere che un popolo, nel mentre è fiero della sua identità, molto apprezza quella degli altri.
Per questo si avverte sempre più l’urgenza di conoscere la vera e costitutiva fisionomia di ogni popolo e nel contempo impegnarsi in ogni modo per camminare verso la direzione di un’accoglienza trasparente e propositiva nella linea di un’effettiva reciprocità di intenti e di intese.
 3. In realtà la convivenza si costruisce insieme e costituisce il fondamento di una convergente e conveniente intenzione di un buon vivere. Nella convivenza ogni formazione sociale si adegua ad una disciplina comune, al modo di un patto e di un’alleanza, e si determina attraverso l’assunzione di regole e di valori che definiscono la stessa civiltà.
Se si infrange il limite delle regole, poste a salvaguardia dello jus soli et civitatis, si creano le condizioni per generare conflitti, arroganze, sopraffazioni. Sono questi gli elementi deflagranti che negano la pace, la dignità, la fraternità e la sana integrazione. Inoltre nella tutela attiva dei diritti e dei doveri sta la base di una nuova civiltà multietnica, capace di far nascere una forma di meticciato che edifica, a pari condizioni del diritto, una nuova cittadinanza.
 4. Com’è noto, da sempre ho sostenuto il valore della “Festa dei popoli”, come un’occasione di incontro, di gioia, di conoscenza. Credo infatti che è solo creando situazioni di concreta convivenza che possono essere difese le proprie ragioni e nel contempo accogliere quelle degli altri. Ciò suppone il mettere insieme la buona volontà di tutti, a prova di una capacità di dono scambiato. 
Il dono esprime in modo evidente la nostra stessa “umanità” e ciò che la caratterizza, nella somiglianza e nella diversità. Di qui scaturisce che il solo titolo che conta consiste nell’appartenere al regno dell’uomo, nell’essere parte del genere umano, nell’essere tutti “figli” di un Dio, comunque lo si chiami e lo si invochi.
Da parte nostra desidero ridire che la fede cattolica non fa distinzione di persone, non ammette eccezioni e promuove senza riserve il dialogo e l’ospitalità, contro ogni fanatismo e ogni integralismo, tanto deleteri quanto generatori di rovine inimmaginabili.
5. Al riguardo, quanto appare bello saper condividere la propria religione, le convinzioni di fede, la preghiera perché ogni uomo, qualunque sia la sua appartenenza, si compone allo stesso modo di “corpo, spirito e anima”. Perciò la “Festa dei popoli” richiede di mettere in comune le proprie convinzioni religiose, senza paura e senza nascondimento.
Sappiamo per altro che il bene della pace tra i popoli passa attraverso le religioni, come ci ha insegnato il Concilio e soprattutto Giovanni Paolo II con gli incontri di Assisi, valorizzando tradizioni e credenze diverse, ma egualmente mirate alla trascendenza finale dell’uomo e al suo destino “divino”.
Assecondando questa visione mi permetto di invitarvi a vivere ora un minuto di silenzio, dove ognuno si rivolge al suo Dio, pregando per la nostra fraterna convivenza e per la pace dei popoli.
6. Ringrazio tutti coloro che si sono impegnati perché questa “Festa” potesse ripetersi e riuscire con successo.
+ Carlo, Vescovo
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